Mattia Cavattoni
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Internet e rivoluzione tecnologica: le leggi alla base dell'economia stanno cambiando?

E-commerce shopping acquisti online percentuale mondiale

Da qualche anno nell’economia mondiale si assiste ad un fenomeno abbastanza insolito: le banche centrali, coloro che decidono e implementano le politiche monetarie, non riescono più a raggiungere i target di inflazione che si sono prefissate.
Alcune ipotesi avanzate da studiosi di economia e società di asset management (tra cui Fidelity) attribuiscono questo fenomeno a internet e alla tecnologia, fattori che stanno modificando leggi dell’economia rimaste valide ed invariate per decenni.


A seguito della profonda crisi finanziaria che ha colpito il mondo un decennio fa e che trascina i suoi effetti ancora oggi, le banche centrali (principalmente BCE in Europa, FED in USA e BOJ in Giappone) hanno deciso di immettere un’enorme quantità di moneta nei mercati, tramite l’acquisto costante di titoli di stato, per far ripartire l’economia. Questa operazione è stata denominata Quantitative Easing e continua ancora oggi. In tutto sono stati immessi nel mercato più di 3000 Miliardi di liquidità solo in Europa e Stati Uniti, procedendo al passo di 60 Miliardi al mese per anni.
Ciò che le banche centrali volevano ottenere, o meglio ciò che volevano evitare era la deflazione (crollo dei prezzi), un fenomeno molto pericoloso già sperimentato a metà degli anni ’90 in Giappone. Il crollo costante dei prezzi è pericoloso in quanto i consumatori, già economicamente indeboliti da un periodo di crisi, decidono di non acquistare oggi, prevedendo prezzi più bassi domani. Questo genera mancanza di domanda sui mercati, il che, semplificando, porta ad un circolo vizioso bassa domanda-calo dei prezzi – calo del lavoro – disoccupazione, che determina l’entrata di un paese in una fase di recessione.

Le banche centrali grazie all’immissione di liquidità hanno cercato di dare una spinta all’economia, ai prestiti, ai consumi delle famiglie, agli investimenti delle imprese e all’occupazione, ponendo come obiettivo un’inflazione del 2% considerata il target da raggiungere.

Oggi siamo al termine del Quantitative Easing, le banche centrali hanno immesso quantità impressionanti di liquidità abbassando artificialmente i tassi di interesse a zero, favorendo 10 anni eccezionali sui mercati finanziari e si stanno preparando a concludere l’immissione di moneta, ma l’inflazione non accenna a crescere. In Europa e in Giappone siamo ancora molto lontani dal 2% obiettivo delle banche centrali. In America ci si sta avvicinando, ma molto lentamente.

Qualcosa sta bloccando la crescita dell’inflazione. Janet Yellen, ex governatrice della Federal Reserve, ha parlato di “mistero” dell’inflazione.
I banchieri centrali hanno basato le loro scelte di Quantitative Easing sulla Curva di Phillips, una legge matematica storica per l’economia, secondo la quale la piena occupazione sul mercato del lavoro avrebbe per forza di cose generato l’aumento dei salari e di conseguenza dell’inflazione. Così non è stato: nel 2017 la disoccupazione ha toccato i minimi storici negli Stati Uniti (4,1%), l’economia e i consumi hanno ripreso a crescere, ma ciò nonostante l’inflazione e i salari stentano a crescere dopo decenni di manovre monetarie artificiali.
Anche in Europa la disoccupazione sta calando, ma nessun segno di inflazione.

Un’ipotesi presa in considerazione anche dagli stessi banchieri centrali è quella di aver sbagliato i propri calcoli non avendo considerato l’effetto di alcune forze che stanno impedendo il funzionamento della curva di Phillips.

Alcuni studiosi attribuiscono a queste forze nomi precisi:
tecnologia, digitalizzazione, internet.

E’ ancora presto per essere certi che la tecnologia abbia in qualche modo cambiato le carte in tavola modificando il funzionamento delle secolari leggi economiche (come appunto la curva di Phillips), ma sempre più esperti concordano su questo punto.


Moltissimi cambiamenti sono in atto da questo punto di vista:

1) Gli aumenti salariali vengono compressi dall’utilizzo di macchine, software e robot nelle aziende. I grandi gruppi industriali preferiscono investire per l’acquisto di nuova “forza lavoro artificiale”, ovvero le macchine, che hanno una produttività più elevata, sacrificando gli aumenti salariali dei lavoratori.

2) La tecnologia di produzione robotizzata sta migliorando le economie di scala, permettendo alle aziende (soprattutto le multinazionali) di spendere meno per la produzione dei beni e di immettere sul mercato prodotti a costi più bassi. La conseguenza diretta è un’inflazione core che resta bassa, molto semplicemente perché è possibile reperire in ogni supermercato determinati prodotti a costi più bassi rispetto al passato.

3) Internet, e-commerce e la globalizzazione generano una concorrenza spietata, non più a livello di singola area geografica ma a livello globale.
Grazie a siti come Amazon o Alibaba (ma anche ad esempio Trivago, booking e moltissimi altri per i servizi) un consumatore in ogni parte del mondo può fare in pochi minuti una ricerca e acquistare il miglior prodotto al minor prezzo possibile. Per un acquirente non ha importanza da dove arriva il prodotto. E’ possibile acquistare una cover per lo smartphone a meno di 3 Euro dalla Cina e riceverla a casa dopo pochi giorni.
Per fornire alcuni dati, nel 2016, 1,6 Miliardi di persone in tutto il mondo hanno acquistato prodotti di consumo online spendendo circa 2 Trilioni di Dollari, ovvero 2 Miliardi di Miliardi, una cifra esorbitante. Nell’anno appena concluso tale valore è salito ulteriormente, e le previsioni parlano di una cifra che potrebbe addirittura raddoppiare nel 2020.
I paesi più attivi negli acquisti online sono la Cina, il Giappone, la Corea del Sud e gli Stati Uniti. In Europa il primato arriva dall’Inghilterra e dalla Germania.
La piattaforma più utilizzata è senza dubbio Alibaba (con il servizio Aliexpress) che copre la gigantesca fetta del mercato cinese, anche se in occidente è più utilizzato il sito Amazon.
Un altro dato che fa riflettere è che moltissima parte di questi acquisti, soprattutto in Asia, viene effettuata tramite smartphone.
Il fenomeno dell’e-commerce, come facilmente comprensibile, tiene bassi e manterrà sempre più bassi in futuro i prezzi a livello globale, sia per quanto riguarda i beni di consumo sia per i servizi (prezzi di hotel, voli, pacchetti vacanze, noleggio autoveicoli…).
Anche questa dinamiche fornisce un grande contributo verso il basso all’inflazione.


10 più importanti mercati dell'ecommerce
(Fonte: http://www.ninjamarketing.it – Articolo di Chiara Morini – Tutti i numeri dell’e-commerce 2017)

Parlando di mercati finanziari, ci troviamo in una situazione particolare, una sorta di paradosso.
Il 2017 è stato un anno eccezionale: i mercati azionari sono cresciuti tantissimo, approfittando della volatilità inesistente e dell’inflazione bassissima che mantiene un buon premio per il rischio per gli investitori. I mercati obbligazionari, anche se impauriti da una potenziale crescita dell’inflazione e dei tassi, hanno continuato in qualche modo a performare meglio del previsto.

Oggi la situazione economica è migliorata nei maggiori Paesi del mondo e sta migliorando negli emergenti. Parlando di USA ed Europa, gli investitori sono paradossalmente preoccupati di questo miglioramento, perché prima o poi le buone condizioni economiche spingeranno le banche centrali a chiudere del tutto il Quatitative Easing (cosa che stanno facendo molto, molto gradualmente) e ad iniziare ad alzare i tassi, visto che aspettare l’inflazione per normalizzare la politica monetaria non ha fino ad ora funzionato.
Un rialzo dei tassi diminuirà almeno nel breve termine le performance azionarie, riportando la normale volatilità sui mercati, anche se queste dovrebbero migliorare nel medio lungo termine grazie ai tassi più alti. Un rialzo dei tassi farà invece male in conto capitale a chi detiene titoli di stato e obbligazioni corporate investment grade.


Un esempio di come reagiscono gli investitori è ciò che è avvenuto pochi giorni fa, a fine gennaio 2018 in America: un dato sui Non Farm Payrolls (buste paga nel settore non agricolo) migliore del previsto, che ha visto un aumento delle retribuzioni orarie e + 200 mila unità di posti di lavoro rispetto alle +180 mila unità attese a Gennaio, ha fatto riaffiorare la paura per la crescita dell’inflazione negli investitori, che basandosi sul funzionamento della curva di Phillips (aumento salari= aumento inflazione=aumento tassi di intersse) hanno deciso di liquidare parte dei propri investimenti, portando Wall Street in rosso (anche se lievemente) e trasferendo l’andamento negativo delle borse anche in Europa.

Ci si aspetta quindi un 2018 in cui ad avere il sopravvento saranno i sentimenti e le interpretazioni degli investitori rispetto all’inflazione e alle mosse delle banche centrali. Difficilmente la volatilità si manterrà bassa come nell’anno appena concluso. A livello di fondamentali, i mercati si mantengono invece in una situazione molto positiva che fa ben sperare per il futuro.
Il consiglio degli esperti, come è sempre stato, è di non guardare al breve e di rimanere investiti, pianificando, per ottenere soddisfazioni sui mercati. La volatilità a breve non rappresenta un problema per chi investe avendo in mente un progetto chiaro, con obiettivi di medio e lungo termine.
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Mattia Cavattoni, Consulente Finanziario

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