Spesso su media e giornali si incontrano dibattiti sul tema pensione in Italia, dai quali purtroppo emerge una triste realtà ormai consolidata: il sistema pensionistico italiano, un tempo fiore all’occhiello, appare oggi inflazionato e totalmente da ridimensionare.
Le previsioni per i futuri pensionati sono tutt’altro che rosee, quasi catastrofiche. Da tutto questo emerge che l’unica ancora di salvezza per molti lavoratori è aderire ad una forma pensionistica complementare con lo scopo di integrare l’assegno previdenziale.
Sono questi temi che quasi tutti abbiamo sentito, ma mai approfondito e affrontato realmente, in quanto l’argomento “pensione” appare, soprattutto per i più giovani, come una meta troppo lontana per poter fare previsioni e stime.
Negli ultimi anni, tuttavia, la situazione è cambiata.
Sempre più italiani hanno deciso di aderire alla previdenza complementare: secondo dati Istat aggiornati al 2017, attualmente 7,8 Milioni di italiani hanno aderito a forme di previdenza complementare, con un aumento di mezzo milione di adesioni solamente nel 2016. Attualmente il denaro degli italiani destinato a forme di pensione integrativa ammonta a 149 Miliardi: una cifra enorme.
Da dove arriva questa recente svolta che ha spinto molti italiani ad aderire alle forme pensionistiche complementari?
I motivi di questo rinnovato interesse sono principalmente due:
Il primo è l’aumento della consapevolezza dei lavoratori.
La famosa “busta arancione” dell’INPS, recapitata all’indirizzo di 7 Milioni di italiani, fornisce una stima semplice e diretta su quale sarà l’importo futuro della pensione del lavoratore.
E’ inoltre possibile calcolarsi individualmente dal sito dell’INPS quale sarà l’importo della propria pensione.
La maggior chiarezza sull’argomento ha creato una crescente preoccupazione e ha portato alla luce il divario esistente tra le aspettative sulla pensione, e quella che invece sarà la reale situazione.
Abbiamo compreso che una pensione complementare non è più solo necessaria, ma quasi indispensabile, perché la pensione di base non potrà più garantire da sola una tranquillità economica futura.
Le previsioni per i futuri pensionati sono tutt’altro che rosee, quasi catastrofiche. Da tutto questo emerge che l’unica ancora di salvezza per molti lavoratori è aderire ad una forma pensionistica complementare con lo scopo di integrare l’assegno previdenziale.
Sono questi temi che quasi tutti abbiamo sentito, ma mai approfondito e affrontato realmente, in quanto l’argomento “pensione” appare, soprattutto per i più giovani, come una meta troppo lontana per poter fare previsioni e stime.
Negli ultimi anni, tuttavia, la situazione è cambiata.
Sempre più italiani hanno deciso di aderire alla previdenza complementare: secondo dati Istat aggiornati al 2017, attualmente 7,8 Milioni di italiani hanno aderito a forme di previdenza complementare, con un aumento di mezzo milione di adesioni solamente nel 2016. Attualmente il denaro degli italiani destinato a forme di pensione integrativa ammonta a 149 Miliardi: una cifra enorme.
Da dove arriva questa recente svolta che ha spinto molti italiani ad aderire alle forme pensionistiche complementari?
I motivi di questo rinnovato interesse sono principalmente due:
Il primo è l’aumento della consapevolezza dei lavoratori.
La famosa “busta arancione” dell’INPS, recapitata all’indirizzo di 7 Milioni di italiani, fornisce una stima semplice e diretta su quale sarà l’importo futuro della pensione del lavoratore.
E’ inoltre possibile calcolarsi individualmente dal sito dell’INPS quale sarà l’importo della propria pensione.
La maggior chiarezza sull’argomento ha creato una crescente preoccupazione e ha portato alla luce il divario esistente tra le aspettative sulla pensione, e quella che invece sarà la reale situazione.
Abbiamo compreso che una pensione complementare non è più solo necessaria, ma quasi indispensabile, perché la pensione di base non potrà più garantire da sola una tranquillità economica futura.
Il secondo motivo del crescente interesse degli italiani per questo tipo di soluzioni è l’agevolazione fiscale.
Il versamento a pensioni integrative permette una deduzione fiscale fino ad un massimo di 5.164 € all’anno. Questo significa che se una persona decide di versare 5 mila Euro, ad esempio, in un anno, questi soldi non verranno considerati come reddito e verranno tolti dal reddito totale lordo sul quale viene calcolato l’ IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche).
Ciò a livello pratico consiste in un rimborso in busta paga per i lavoratori dipendenti e nella possibilità di dedurre a fine anno quanto versato dai lavoratori autonomi.
Un semplice meccanismo: guadagno di meno (reddito effettivo più basso), quindi pago meno “tasse”.
Questo meccanismo permette di non pagare le normali aliquote IRPEF (del 23%, 27%, 38%, 41%, 43% in base al reddito) sui 5.164€ messi da parte ogni anno, ma di pagare su tutti i soldi versati a pensioni complementari un’aliquota più bassa, che varia dal 9% al 15%, solo al momento dell'età pensionabile.
Su un ipotetico capitale totale versato di 100.000€ (5000 € per 20 anni), con aliquota IRPEF del lavoratore del 43% (la più elevata) questo permetterebbe di risparmiare una cifra che va da 28 mila Euro fino a 34 mila Euro di imposte, a seconda degli anni di contribuzione.
Ci sono anche dei vincoli?
Solo uno: i soldi destinati a forme pensionistiche complementari non potranno essere ritirati prima dell’età pensionabile.
E’ possibile il rimborso anticipato ma solo di una parte del capitale, solo dopo alcuni anni, e per bisogni specifici (spese sanitarie, acquisto prima casa ecc…). Versare in forme di previdenza complementare deve essere quindi una scelta pienamente ragionata e consapevole.
Una valida alternativa, soprattutto per i più giovani, è costruirsi un Piano di Accumulo, in cui i soldi versati possono essere ritirati in qualsiasi momento.
Si tratterà dei Piani di Accumulo in uno dei prossimi articoli.
Mattia Cavattoni, consulente finanziario